Conosciamo i nostri eroi: Paolo Borsellino

Conosciamo i nostri eroi: Paolo Borsellino

19 luglio 1992. La Mafia colpisce Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta

Non basta un semplice riassunto, o qualcosa di molto relativo come un articolo, per descrivere la figura di Paolo Borsellino.

Dopo aver colpito il suo amico e collega Giovanni Falcone, la Mafia arriva al punto più alto della sua Storia. E lo fa trucidando barbaramente uno degli uomini migliori che l’Italia abbia mai espresso nella sua millenaria storia.

Le origini

Paolo Borsellino nacque a Palermo il 19 gennaio del 1940, nel popolare quartiere Kalsa. Crebbe giocando con l’amico Giovanni Falcone, a cui il destino lo accumunò nella morte violenta e nelle battaglie contro Cosa Nostra.

Il padre, Diego Borsellino, sposò Maria Pia Lepanto, da cui ebbe quattro figli: Adele (1938-2011), Paolo (1940-1992), Salvatore (1942) e Rita (1945).

Paolo frequentò dapprima il Liceo Giovanni Meli, e poi si iscrisse a Giurisprudenza all’Università degli Studi di Palermo.

La sua famiglia nutriva simpatie politiche di Destra. Paolo militò nel FUAN, l’organizzazione degli universitari missini.

La carriera

Nel 1963 partecipò ad un concorso per l’ingresso in Magistratura dal quale uscirono vincenti 171 nomi. Borsellino fu il 25° della graduatoria e risultò il più giovane Magistrato d’Italia.

Nel 1967 fu nominato Pretore di Mazara del Vallo, e nel 1969 a Monreale dove conobbe e lavorò col capitano dei Carabinieri Emanuele Basile, caduto sotto i colpi di Cosa Nostra nel 1980 e Medaglia d’Oro al Valor Civile alla Memoria.

Nel 1975 Borsellino viene trasferito all’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo. In questa veste porta avanti le indagini del Commissario Boris Giuliano, insieme al capitano Basile. Conosce e collabora l’altro eroe-Magistrato Rocco Chinnici.

Nel 1983 Chinnici viene ucciso dalla Mafia e il suo successore, Antonino Caponnetto forma il famoso “pool antimafia”. Vengono chiamati a farne parte Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta.

Porta avanti in modo coraggioso, irreprensibile e intelligente le strategie che portarono all’indebolimento delle cosche e del sistema mafioso, arrivando molto in “alto” nelle indagini.

La stagione dei Veleni

Nel 1985 viene “confinato” per motivi di sicurezza, insieme a Giovanni Falcone e alle rispettive famiglie, nel carcere dell’Asinara per scrivere l’ordinanza di 8.000 pagine contro i 476 imputati del Maxi-processo alla Mafia.

Nel 1986 viene nominato Procuratore della Repubblica a Marsala. Da allora si sviluppò il periodo tristemente definito la “Stagione dei Veleni”. Fu una delle pagine più buie della Magistratura e in assoluto della Repubblica.

L’anno successivo Caponnetto lascia il pool e tutti, compreso Borsellino si aspettano la nomina alla sua guida di Giovanni Falcone. Viene invece nominato Antonino Meli.

A partire dal 1991 finì nel mirino della Mafia che tentò un attentato in cui pare sia coinvolto il mafioso Francesco Messina Denaro, tuttora latitante.

Il 19 maggio 1992 nel corso degli scrutini per l’elezione del Presidente della Repubblica, il MSI fece confluire sul nome di Paolo Borsellino 47 voti. Fu successivamente eletto Oscar Luigi Scalfaro.

La fine

4 giorni più tardi avvenne la strage di Capaci in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e i tre uomini della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo.

Il 19 luglio 1992, il magistrato pranza a Villagrazia di Carini con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia. Subito dopo si recò con la scorta in via D’Amelio, a rendere visita alla madre. Alle 16:58 una Fiat 126 imbottita di tritolo, parcheggiata proprio di fronte all’abitazione della madre, esplose uccidendo oltre a Borsellino anche i cinque agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina[41].

Sopravvisse solo l’agente Antonino Vullo, scampato perché al momento della deflagrazione stava parcheggiando una delle auto della scorta.

Nel corso dell’orazione funebre, il vecchio collega e giudice Caponnetto sottolineò: «Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto dovrà diventare e diventerà la lotta di ciascuno di noi».

Una folla inferocita sfondò la barriera di protezione di 4000 agenti urlando: “Fuori la mafia dallo stato”. Il Presidente della Repubblica venne tirato fuori a stento dalla calca.

L’agenda rossa di Paolo Borsellino, in cui il giudice annotava appunti e dati significativi delle sue indagini, fu trafugata e mai più trovata.

La salma riposa nel Cimitero di Santa Maria di Gesù a Palermo.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*