Husserl, scienza e certezza: perché c'è confusione?

Husserl, scienza e certezza: perché c’è confusione?

Intendiamo la scienza come certezza, ma ci delude perché non lo è mai stata.

Da quando l’obiettivo della scienza si è incentrato soprattutto sulla ricerca del “certo” piuttosto che sul “vero”, è di fatto cambiata anche la considerazione che si nutre per essa.

La differenza che intercorre tra i due termini è evidente ma di una sottigliezza strisciante. Ci può apparire certa una cosa che in realtà si potrebbe successivamente dimostrare errata e quindi non vera.

Lo scopo della scienza è sempre stato quello di indagare per scoprire le cause. Il primo a sviscerare l’obiettivo del conoscere fu Aristotele. Nel primo libro della sua “Metafisica” scandisce in modo preciso le tappe del pensiero che portano a scoprire il valore della sapienza.

Con l’era moderna si abbandonò la ricerca della verità, adagiandosi su quanto appare certo. Di conseguenza si è creata una nuova considerazione della scienza che venne abbinata alla certezza. Deriva da questa logica ciò che pensiamo oggi: scienza uguale certezza.

Si è persa in questo modo l’accezione più importante della cultura e del sapere, che consiste nella meraviglia e nella ricerca.

Se si recuperasse questo valore sarebbe molto più facile considerare le ricerche scientifiche per quello che in realtà esse sono: delle teorie che servono da gradini per stadi successivi della conoscenza. Ecco perciò che cadrebbe la convinzione che la scienza sia certezza ma un mezzo per giungere al vero.

Il problema non è da poco, tanto che a cavallo dei secoli XIX e XX il filosofo austriaco naturalizzato tedesco Edmund Husserl (1859-1938) diede vita a un progetto cartesiano. Si impegnò infatti a cercare di stabilire quanto in realtà sappiamo, e cosa invece crediamo di sapere.

Viste le cose sotto questo aspetto crollano tutte le certezze scientifiche degli ultimi anni. E non ci si stupirebbe più di fronte alle clamorose smentite e ai dietro-front epocali dei ricercatori.

Ai nostri giorni stiamo vivendo lo smarrimento della messa in discussione di molte tra le nostre ex-certezze scientifiche. In primo luogo l’assolutezza della fisica newtoniana, messa a dura prova e di fatto smentita nella sua totalità dalle teorie quantistiche. E tutto quanto ancora soggetto dalla mannaia che si potrebbe abbattere con l’ipotetica scoperta di una “Teoria del Tutto”.

Cosa si può fare?

Occorre ritornare quindi a considerare ogni cosa secondo la propria essenza di base. Prime tra tutte la sapienza e la conoscenza.

Husserl propose la Fenomenologia. Si trattava di una filosofia che esisteva già, ma a cui Husserl conferì un senso proprio. La riscoperta dei “fenomeni” utilizzando una scienza che parta da zero, senza alcun presupposto. Nella ricerca della verità, che non si misura in base all’utilità pratica.

Il progetto di Husserl fallì non tanto per i motivi che lo spinsero alla riflessione, ma per il tentativo di allargare la sua intuizione al mondo metafisico. Lo studio dei fenomeni si ferma quando si inizia a considerare l’essere e l’essenza dell’uomo. Come diceva J.P. Sartre, il corpo sarà sempre “il superato” da quel qualcosa che non è fisico ma che risiede in noi.

A noi che non siamo grandi pensatori né scienziati resta solo l’arma di approcciarci con cautela alla scienza, sapendo che non è verità, ma solo uno strumento alla sua ricerca.

A questo proposito il consiglio di una bella lettura: “Piccole lezioni su grandi filosofi” di Leszek Kolakowski, Angelo Colla Editore.

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