Salvini, Toti, Meloni: i sassi nello stagno

Salvini, Toti, Meloni: i sassi nello stagno

Tre strategie che potrebbero essere convergenti.

Definire “stagno” il panorama politico italiano è quanto meno azzardato. Ma il proverbio calza benissimo riguardo ai sassi che Salvini, Toti e Meloni stanno lanciando in acqua.

Le provocazioni sono tutte di natura diversa, ma potrebbero anche avere un obiettivo comune. Traguardo che non è tra l’altro neppure nascosto, almeno nelle dichiarazione di due dei tre attori.

Scendiamo nello specifico.

Salvini

Perfettamente calato nel ruolo da uomo di governo, Matteo Salvini sta prendendo sempre più in mano le redini di un esecutivo che sta tracciando una linea altalenante almeno su quelle che erano state le promesse elettorali del M5S.

Non si può obiettivamente farne una colpa ai pentastellati, che nonostante tutta la buona volontà, non possiedono il carisma né l’esperienza politica per contenere l’esuberanza leghista.

Di conseguenza il messaggio del Ministro dell’Interno diviene sempre più specifico. La pari dignità ottenuta da Di Maio sta sempre più stretta al “Capitano” che non perde occasione per cercare di svincolarsi.

L’ultimo attacco, che tra l’altro è quello a cui ci si riferisce, è alla Sindaca di Roma Virginia Raggi. È accaduto di rado nella storia della nostra repubblica che un autorevole ministro attacchi direttamente il sindaco della capitale, pur essendo a capo di un partito alleato di governo a quello del primo cittadino. Anzi, a memoria non si ricorda proprio.

Non è un fatto banale e neppure disgiunto ad una sempre maggiore idiosincrasia di Salvini nei confronti di Forza Italia. Vedremo in seguito il perché

Meloni

Giorgia Meloni pare aver rotto gli indugi. Sempre in bilico tra appoggio esterno al governo e minoranza, la leader di Fratelli d’Italia prende spunto dalla confusione che regna a Strasburgo per puntare il dito contro Tajani.

E non è poco, visto che Giorgia difende l’italinità e va a minare la poltrona dell’unico nostro compatriota che abbia un incarico autorevole in Europa.

Il “j’accuse” della paladina di FdI ha come scopo e conseguenza la frattura tra il suo partito e Forza Italia. Accortasi evidentemente della sempre maggiore distanza che intercorre tra i forzisti e la Lega.

La Meloni potrebbe quindi aver legittimamente pensato che l’ostacolo a un’alleanza ricostituita anche al governo con Salvini potrebbe essere proprio Berlusconi. E precorre i tempi.

In questo contesto le accuse che riceve da parte degli azzurri sono ben poca cosa se si fermano a incolparla di volere un presidente del parlamento europeo di altra nazionalità.

Toti

In tutto questo bailamme si inserisce come un fulmine a ciel sereno (per i meno attenti), il Presidente della Giunta Ligure Giovanni Toti.

Da sempre forzista vicino ai leghisti, Toti non può che rallegrarsi dell’avvicinamento in corso tra Meloni e Salvini. E vede rivalutata la sua posizione politica in senso strategico.

Segnala quindi sintomi di malpancismo, e poi partecipa alla conferenza programmatica di Giorgia a Torino asserendo che sarà fedele a Forza Italia alle Europee ma poi si dedicherà allo studio di una revisione del centro-destra partendo esplicitamente da posizioni vicine a Fratelli d’Italia.

Le vittime

In questo turbinio di tattiche emergono due dati principali.

Il primo è squisitamente politico. Si andrebbe verso un tentativo di esecutivo che comprenderebbe Lega e Fratelli d’Italia escludendo Forza Italia. Ma è evidente che mancherebbero i numeri. Per cui sarebbe gioco forza lacerare Forza Italia per imbarcare un numero sufficiente di deputati.

Il secondo riguarda le vittime di questa “rivoluzione”. Sarebbero chiaramente Silvio Berlusconi e il Movimento 5 Stelle.

Berlusconi è sempre di più visto dagli (ex?) alleati come un impedimento di fatto. La sua figura è troppo ingombrante e farebbe sicuramente ombra a Salvini, il quale evidentemente non vuole dubbi attorno alla sua leadership.

Si sta portando quindi a termine una strategia iniziata ancor prima delle elezioni politiche, e precisamente nel momento in cui Salvini ha ottenuto di far riconoscere la guida del centro-destra al partito che avesse preso più voti. Una precisazione tutt’altro che banale visto che Berlusconi non voleva assolutamente accettare e alla quale ha dovuto sottostare per non spaccare la coalizione.

Successivamente però è emersa una scarsa lungimiranza da parte dell’ex-cavaliere. Salvini, mettendosi d’accordo con i pentastellati la coalizione l’ha rotta ugualmente, lasciando fuori sia il Silvio che la Giorgia.

Una cosa emerge in modo prepotente: qualsiasi scenario ci si possa immaginare Salvini è la figura più probabile per guidare un nuovo esecutivo. Ed è proprio dove voleva arrivare.

È sempre più attuale in questo momento un altro proverbio: “Chi vivrà vedrà”. Il tempo ci dirà come andrà a finire.

 

 

 

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