Viaggio attraverso l'America di cow-boys e indiani (2.a puntata)

Viaggio attraverso l’America di cow-boys e indiani (2.a puntata)

Il South Dakota e il Monte Rushmore.

Per “vivere” realmente gli Stati Uniti, ovvero per respirarne l’aria di leggenda che alita attorno alla loro storia, occorre attraversarli in auto oppure in treno. Solo in questo modo si riuscirà a vincere lo stereotipo che le immense metropoli infliggono alla realtà.

L’idea più diffusa sugli USA è quella che li rivela come un Paese in cui regna il traffico e nel quale possiamo trovare sfavillanti vetrine e enorme opulenza.

Addentrandoci nel South Dakota ci accorgiamo invece che l’impatto è tutt’altro che crudo e asettico. Colpiscono immediatamente le grandi distese, a perdita d’occhio. Gli immensi altipiani, le grandi praterie. Non è difficile chiudere gli occhi e immaginare questa terra quando era ancora incontaminata. È pur vero che in larghissime fette di territorio la presenza dell’uomo oltre che assente ha lasciato pochissime tracce, costituite per lo più da vecchi ma ancora funzionali pali della corrente in legno, infissi nel terreno a perdita d’occhio.

L’andamento ondeggiante del territorio favorisce la prospettiva magnifica che si gode viaggiando sul nastro d’asfalto della strada, proprio in mezzo al verde.

Il nome dello Stato deriva dai leggendari Lakota, vasta tribù di indiani Sioux che popolavano la zona. Queste terre del Midwest sono caratterizzate dalle Black Hills e il loro splendido parco, dalle cinque riserve indiane Sioux e dalle monumentali sculture del Monte Rushmore.

Bear’s Country e riserve indiane

All’interno possiamo visitare il Bear’s Country, un parco nel quale possiamo ammirare diverse varietà di orsi, in condizioni di semi-libertà. Impattante è l’incontro con il terribile e enorme grizzly.

Il Bear’s Country è stato poi arricchito di numerosi recinti in cui, purtroppo svogliatamente vivono altri tipici animali del Nord-America. Tra le fiere possiamo ammirare linci e puma, ma anche simpaticissime specie meno pericolose per l’uomo come marmotte e scoiattoli. Ma l’immagine più suggestiva ci viene da alci e cervi che stazionano maestosi e solenni a pochi metri dai visitatori, pacifici e mansueti, tanto da non meritare quasi recinzioni.

Superato non senza fatica questa oasi di pace e natura, possiamo dirigerci ancora più a nord per addentrarci nella riserva indiana. Qui troviamo gli eredi di una delle tribù più fiere: i Sioux.

Seppur “macchiate” dal progresso le riserve indiane d’America rendono l’idea della cultura di questo popolo, e l’impegno dei nativi rende semplice addentrarci nel loro passato glorioso e nella crudezza della conquista del West da parte dei “bianchi”.

Monte Rushmore

Il South Dakota è però soprattutto noto per essere il “memoriale” dell’epopea americana, antica e moderna. Qui sorgono il Monte Rushmore e (meno noto) l’alter ego indiano: il monumento roccioso a Cavallo Pazzo.

Il Monte Rushmore viene introdotto da una salita che si affronta in auto per terminare in un vasto parcheggio, dal quale, con un’intuizione scenica intelligente non si vedono ancore le effigi dei quattro presidenti.

Solo dopo essere entrati in un’area a cui si accede anche in ascensore, ci si trova su un vasto piazzale che introduce ad un camminamento costeggiato in entrambi i lati da due file di ceppi e bandiere. I vessilli sono quelli dei maggiori corpi militari degli Stati Uniti, a cui si aggiungono quelli di tutti gli Stati dell’Unione che riportano sui ceppi l’anno di ammissione.

L’effetto è quasi quello della sacralità e non è difficile notare gente commossa. Traspare dai volti degli americani presenti il forte sentimento di orgoglio e di appartenenza provocato dalla scena.

Ed ecco, al termine di questo vasto corridoio a cielo aperto, aprirsi innanzi agli occhi una terrazza situata proprio sotto alle sculture che ritraggono George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e Abraham Lincoln. Certamente tra i presidenti più amati, ma che vogliono significare fondazione, consolidamento, affermazione e progresso ideologico dell’Unione.

La prospettiva dal basso e la monumentalità dell’opera, a cui si aggiunge la suggestione della terrazza, sono veramente impattanti. La Storia prende il sopravvento e aleggia imperiosa in un silenzio quasi religioso a cui immediatamente e automaticamente ci si adegua.

Cavallo Pazzo

Meno impattante ma ricchissimo di significati, a pochi chilometri di distanza troviamo il monte in cui troneggia il volto di Cavallo Pazzo. Qui non si trova alcun inno alla Patria. L’ingresso avverte a chiare lettere con grandi cartelli che NON si tratta di un progetto governativo, ma privato. Occorre quindi pagare l’ingresso per avvicinarsi alla posizione migliore per ammirare il viso scolpito del grande capo indiano.

Il progetto prevede l’intaglio della montagna per poter mostrare un monumento roccioso di Cavallo Pazzo lanciato a cavallo. Per ora si distingue bene solo il volto (ed è già un’emozione) ed uno schizzo indefinito che traccia il prossimo primo intervento di sgrossamento della montagna.

Cavallo Pazzo fu il capo della tribù degli Oglala Lakota, al quale sono state attribuite imprese leggendarie. Era così abile e valoroso che usava gettarsi impavidamente sotto il fuoco dei fucili nemici, ricavandone la fama di invulnerabile. Tanto che dopo la sua morte si ritenne ancora per decenni che il suo spirito vagasse tra le tribù dei pellerossa. Il suo nome indiano era Tasunka Witko. Il secondo termine indica il particolare stato di alterazione e euforia che gli indiani ritenevano fosse segno di “contatto” col sacro. Sunka sta a significare “cavallo”, mentre il prefisso “Ta” vuol dire “grande”. Il suo grido di battaglia era: “Hoka Hey” (= “è un buon giorno per morire”). Hoka Hey è indicato come una delle possibili etimologie di “Okay”.

Cavallo Pazzo fu uno dei capi che affiancò Toro Seduto nella battaglia del Little Big Horn contro il Generale Custer.

Morì trafitto da una baionetta all’età di 37 anni dopo essersi arreso al Tenente Philo Clark di Fort Robinson per salvare i suoi 900 Lakota stremati dalla fame. Non si conosce il luogo della sua sepoltura.

Nella prossima puntata ci avventureremo nel Wyoming, terra di cow-boys e rodei, in cui si svolse la vita di molti coloni del nuovo mondo.

 

 

 

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