I Måneskin e i gusti che non sono alla menta

I Måneskin e i gusti che non sono alla menta

Non sempre gli esperti ci azzeccano

La vittoria degli Måneskin all’Euro Contest ha ridato all’Italia il tetto continentale della musica. Sono trascorsi 31 anni dal successo di Toto Cotugno. Il “festival” europeo non è mai stato generoso nei confronti della canzone italiana, premiata solo due volte. L’altra vittoria fu conseguita infatti negli anni ’60 da Gigliola Cinquetti.

La supremazia tradizionalmente riconosciuta della nostra melodia è sempre stata sottovalutata dagli “esperti” stranieri. E ciò forse a causa di una malcelata sofferenza verso una scuola musicale che si è dimostrata chiaramente superiore.

I tempi sono cambiati, e la musica melodica, che è sempre stata la nostra arma vincente, è stata superata. Si sono affacciati alla ribalta nuovi generi musicali, di cui l’Italia è stata comunque un’esponente valida. Nulla da fare: gli “esperti” ci hanno sistematicamente bocciato.

Con l’avvento del tele-voto, ma soprattutto con il peso equipollente di questo con quello dei tecnici, la situazione pareva dovesse cambiare a favore del gusto popolare. Ma il “peso” attribuito a un pugno di “soloni” è stato fino a ieri ancora troppo forte per determinare un vincitore che sia espressione del gusto popolare. Gli interessi delle case discografiche, e le strategie commerciali hanno ancora una preminenza sui risultati.

Un mondo che cambia

La vittoria dei Måneskin, al di là del gusto personale (recita il proverbio: “Tutti i gusti non sono alla menta”), è stato importante per diversi fattori.

In primis viene evidenziato uno stacco notevole tra quanto pare essere il gusto degli “esperti” e quanto risponde invece alle preferenze del pubblico. Già in passato si era notata questa discrepanza, ma non c’è mai stata una confluenza così forte su un unico candidato, tale da rovesciare il verdetto cosiddetto tecnico.

In questa differenza spesso dimostrata sta in un certo senso il sospetto che le giurie siano privilegiate per “pilotare” in qualche modo il gusto dei consumatori. Non è complottismo, ma una deduzione logica.

In secundis questa vittoria (mi ripeto: al di là dei gusti personali), per la musica italiana, è importantissima, soprattutto alla luce della recente nomination di Laura Pausini all’Oscar. Non si tratta quindi di un caso sporadico, ma di una crescita effettiva del movimento musicale italiano.

Da notare inoltre che tra la Pausini e i Måneskin intercorre una distanza abissale in termini di genere musicale. Il che dà ancora più peso ai rispettivi successi.

Ma il motivo più importante risiede nella presa di coscienza che veramente e pesantemente la concezione di musica e di spettacolo sia definitivamente cambiata.

Non si tratta più di “innamoramenti” momentanei per un genere piuttosto che per un altro. È in atto un cambiamento epocale di gusto che anticipa anche quello dell’arte tradizionale. La visione del bello e dell’armonico è cambiata.

È successa la stessa cosa più volte nel corso della storia. Epocali i passaggi da Neo-Classicismo e Barocco. Senza scomodare questi fattori, possiamo comunque intravvedere nelle modifiche del gusto musicale, un’anticipazione di scelte che potranno riguardare in modo incisivo anche le altri arti.

L’Architettura sta subendo profondi cambiamenti, ma non ha ancora concretizzato uno stacco netto dal passato. Così come la pittura, che lancia avanguardie importanti, ma non ha ancora creato un genere di vera rottura che sia capace di soppiantare definitivamente un gusto preponderante.

Quanto di eccezionale è avvenuto nella musica, è il fatto che è stato il pubblico a determinare questa vittoria che ha fatto sorpassare due canzoni di tipo “semi-tradizionale” (Svizzera e Francia), dal genere emergente. Ma soprattutto lo ha fatto rovesciando il giudizio degli “esperti”.

Se in pittura, scultura e arte contemporanea, gli alfieri del cambiamento sono relegati in una stretta élite, nella musica il cambiamento è guidato dal gusto popolare.

E a poco servono le resistenze di coloro che sono ancorati ad un’altra espressione del “bello”: proprio perché la concezione del “bello” sta cambiando. E non dobbiamo stupirci. Anche noi abbiamo effettuato mutamenti nei confronti del gusto dei nostri padri. Basta guardare i nudi femminili nell’arte per rendersi conto di come la donna piaceva in passato e di come piace ora.

Non dobbiamo quindi limitarci a un giudizio strettamente legato al legittimo gusto personale, ma dare ampiezza al nostro pensiero e collocarlo in un ambito di cambiamento. Il “sarà meglio” o “sarà peggio” non possiamo ancora giudicarlo.

 

 

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