La politica economica di Giulio Cesare

La politica economica di Giulio Cesare

Semplice, spartana, ma efficace: Augusto non fu in grado di seguirla

La Storia ci rende un Caio Giulio Cesare, grande condottiero e fine politico. Non fa però abbastanza giustizia sulle capacità amministrative del più famoso tra i protagonisti della vita di Roma antica.

Giulio Cesare, nel periodo in cui fu a capo della grande potenza dell’era antica, quello che di lì a poco, immediatamente dopo di lui si sarebbe trasformato nel possente Impero Romano, dimostrò anche grandi doti di economista. Mise al servizio di questa capacità la sua intelligenza, il suo acume tattico e la facilità di deduzione che lo contraddistinse.

Il sistema monetario mondiale

Una traccia tra le molte possiamo trovarla sul libro “Le monete del tempo di Gesù”, di Alteri, Baima Bollone, Conti, Panizza, Eupremio Montenegro Editore Montenegro – 1998.

Giulio Cesare aveva predisposto un piano di conquista che avrebbe dovuto essere funzionale alla creazione di un sistema monetario mondiale. E Roma avrebbe potuto controllarlo anche tramite la gestione dei vari conii.

Secondo questo piano il conio delle monete in oro, gli “aureus” sarebbe stato riservato esclusivamente all’imperatore. Alle province e alle altre zecche sarebbe stato concesso unicamente di produrre monete in argento (i denarii) e in bronzo.

Da notare inoltre che Giulio Cesare fissò saggiamente il tetto del tasso di interesse al 12%.

Con l’avvento al potere di Augusto ci fu però una sterzata vigorosa nei progetti di Roma. La vastità dell’impero, unita alla difficoltà di gestione, rallentò le mire espansionistiche. Ottaviano, salito al comando di Roma nel 27 a.C., si rese ben presto conto delle difficoltà e concentrò le forze unicamente a salvaguardare gli affari interni.

Preoccupato dalle rivolte e dalle problematiche che venivano proposte soprattutto dai paesi lontani dal centro dell’Impero, Ottaviano rinunciò alle conquiste. Questa scelta oltre a ripercuotersi sull’economia dell’esercito, i cui componenti non avrebbero potuto più contare sui proventi dei saccheggi, non manco di abbattersi anche sulle condizioni generali.

Per ammansire i popoli più turbolenti, Augusto concesse quindi ai paesi di periferia di coniare aureus. Ciò determinò una destabilizzazione del sistema monetario. Le leve dell’inflazione e del potere d’acquisto delle monete non furono più in questo modo esclusivamente nelle mani dell’imperatore. La conseguenza immediata fu la costrizione a inserire una parità di cambio tra le monete. Augusto la fissò nel rapporto 1:12 tra oro e argento (l’aureus valeva 25 volte il denario perché il primo pesava circa la metà) e di 1:60 con il bronzo. Il tetto del tasso di interesse previsto da Giulio Cesare fu in questo periodo più volte sfondato.

Le conseguenze

C’è chi ritiene questi fattori, forse con troppa enfasi, come una delle cause più remote della caduta dell’impero. Non dobbiamo dimenticare però, che il crollo avvenne circa 5 secoli più tardi.

È comunque evidente che questo stato di cose creò un ostacolo non di poco conto circa il totale controllo di banche, commerci e tecnologie, che avevano costituito la fortuna di Roma, insieme alla grande forza militare e la lungimiranza di gestione dei popoli sottomessi.

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