Leone XIV e la mozzetta rossa

Leone XIV e la mozzetta rossa

Ecco perché non è segno di discontinuità con Francesco

Tutti abbiamo notato che, a differenza di Francesco, Papa Prevost, Leone IV, ha indossato la mozzetta rossa quando si è mostrato per la prima volta ai fedeli dalla balcone di San Pietro.

Qualcuno ha interpretato questo gesto come una discontinuità nei confronti di Francesco, ma come vedremo, si tratta di un’interpretazione errata.

La mozzetta rossa è simbolo di dignità papale e di solennità, e certifica un legame con la tradizione. Francesco infatti non ne ha abolito l’uso. Bergoglio, presentandosi senza questa mantellina, ha voluto lanciare un messaggio che specificasse l’impegno del suo pontificato, ma non ha assolutamente voluto smentire ciò che la mozzetta rappresenta.

Prevost ha dunque indossato la mantellina, in quanto il messaggio di Francesco è ormai arrivato al mondo, e ha provveduto a dare ulteriori segni. Francesco ha detto che la tradizione deve essere sostanziale, Prevost provvede a dimostrare che non è stata intenzione di Bergoglio superarla.

Quelli di Leone XIV sono stati segnali verbali più che gestuali, ribadendo la vicinanza alle posizioni del suo predecessore, che di fatto confermano l’apostolato che Prevost ha condotto in tutta la sua vita: vicinanza agli ultimi e grande attenzione ai problemi sociali.

Non si tratta quindi di inversione di rotta, ma è stato il modo per ribadire che anche Francesco ha agito all’interno della Dottrina, rispettando la Vera Tradizione e lanciando degli ammonimenti importanti, che il nuovo Pontefice ha già dichiarato di voler seguire.

Ogni Papa opera infatti in continuità con la linea teologica di chi lo ha preceduto, stabilendo quelle priorità che maggiormente ritiene opportune, e che sono in linea con le proprie predisposizioni, sensibilità e capacità.

I tempi cambiano, ma la Dottrina resta immutata. Cambia invece il modo che i fedeli hanno nell’accettarla, e le difficoltà che si prospettano nel seguirla. Non dobbiamo quindi stupirci se per parlare ai fedeli ogni Papa abbia e utilizzi un proprio linguaggio.

Come sappiamo, il nome che un Pontefice assume, ha un significato e vuole sintetizzare una linea pastorale e evangelica. Prevost non ha scelto di chiamarsi Leone a caso, ma per coerenza. Il suo cammino di vita ci ha dimostrato la sua attenzione verso gli ultimi, e ha preso il nome da Papa da Leone XIII, ovvero colui che scrisse la Rerum Novarum per denunciare i gravi pericoli che si sono poi sviluppati nel corso del Novecento attraverso il liberismo sfrenato.

Prevost ha operato a lungo in Perù, dove si è fatto portavoce del lamento degli ultimi e ha più volte invocato accoglienza. Sarà certamente un interlocutore scomodo per chi vuole innalzare muri: quegli stessi muri che Prevost ha dichiarato dal balcone di San Pietro che devono essere sostituiti da ponti. Questa è una delle funzioni del Pontifex, costruttore di ponti.

La preparazione culturale di Robert Francis Prevost è notevole, e spazia dall’ambito teologico a quello scientifico. È un Papa del nostro tempo, che ha esperienza nel coniugare Scienza e Fede.

Quello che deve cambiare è forse l’atteggiamento dei fedeli: da qualche tempo hanno preso campo la cultura del sospetto e il relativismo, come ha denunciato Papa Benedetto XVI. Questo ambiente ha colpito violentemente l’interpretazione della realtà, mettendo Francesco in condizione di essere processato per ogni virgola, con argomentazioni forzate, cervellotiche e lontane dalla verità.

Prevost è dunque l’uomo giusto per riportare nel corretto tracciato il rapporto fra i fedeli e l’istituzione, per un cammino comune che sia sempre più costruttivo nell’ottica del Regno. Un Papa sinodale sulla scia di Francesco, e come tutti i Papi, con la propria dignità e il proprio intelletto.

Oggi più che mai, ma come sempre, VIVA IL PAPA!

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